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Subito dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 in Abruzzo, a Chieti, nacque una formazione partigiana attiva principalmente nell’Appennino abruzzese, alle pendici sud-orientali della Maiella, nella zona chietina di Palombaro: la banda “Palombaro”, formata da un nucleo militare e da uno civile. In costante collegamento con gli alleati angloamericani, i resistenti della “Palombaro” trassero in salvo parecchi prigionieri fuggiti da campi abruzzesi e marchigiani. Non mancarono, altresì, combattimenti e scontri armati con i nazifascisti: in una di queste operazioni di guerriglia, il 2 ottobre 1943 due tedeschi vennero uccisi mentre un terzo, riuscito a scappare, riparò a Sulmona (L’Aquila). Due giorni dopo, il 4 ottobre, i reparti delle forze armate della Wehrmacht passarono al contrattacco con una violenta rappresaglia: alcuni partigiani si unirono agli angloamericani o si rifugiarono in montagna, mentre altri andarono alla spicciolata a Chieti. Bersaglio delle retate naziste pure nei giorni seguenti, la banda “Palombaro” si sciolse il 13 ottobre. Frattanto, agli inizi di dicembre 1943, giunse a Chieti Pietro Caruso (1899-1944), questore di Roma durante l’occupazione nazista.
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Con la collaborazione dei tedeschi e di Mario Fioresi, capo della polizia ausiliaria di Chieti, iniziò una feroce repressione politica con l’incarcerazione e l’uccisone di numerosi ex resistenti o presunti tali. Tra gennaio e febbraio 1944 una ventina di partigiani vennero imprigionati e sottoposti a brutali sevizie; dodici di questi, poi consegnati ai nazisti, furono processati sommariamente a Chieti e condannati all’esecuzione capitale. Nove di loro vennero fucilati a Pescara, in strada Colle Pineta, l’11 febbraio 1944.
Siamo a conoscenza delle identità dei giovani martiri abruzzesi; alcuni di loro vennero insigniti di onorificenze alla memoria, come la medaglia d’oro o di bronzo e la croce di guerra al valor militare. Pietro Cappelletti, figlio di Severino Cappelletti e Berenice Donatelli, nacque nel 1915 a San Giovanni Teatino (Chieti); di professione operaio meccanico, lavorò dapprima con la ditta “Camplone” di Pescara, poi con la “Calvi” di Chieti, per emigrare successivamente per qualche anno in Germania. Sposato e padre di famiglia, fu di ideali socialisti e aderì convintamente alla Resistenza. Nicola Cavorso (Chieti 1920), figlio di Nicola Cavorso e Amalia D’Aloisio, diplomatosi al liceo scientifico “Filippo Masci” e laureando in matematica e fisica all’Università di Roma, fece parte del Comitato provinciale di liberazione nazionale di Chieti come rappresentante del Partito d’azione. Beniamino Di Matteo (Chieti 1926), figlio di Nicola Di Matteo e Domenica Romano, studente dell’istituto industriale, lottò nella Guerra di liberazione con il nome di battaglia “Massimo”. Raffaele Di Natale, nato a Palombaro (Chieti) nel 1913, figlio di Raffaele Di Natale e Maria Raiteri, di professione venditore ambulante, sposato e con due figlie, conosceva bene la zona e aiutò molti ex prigionieri alleati a passare il fronte: per tale motivo, venne barbaramente e ripetutamente torturato con maggior ferocia rispetto ai compagni. Stelio Falasca (Chieti 1926), figlio di Nicola Falasca e Pellegrina Pellegrini, fu studente al liceo ginnasio “Giovanni Battista Vico” e amico d’infanzia di Beniamino Di Matteo. Aldo Grifone (Chieti 1925), figlio di Giustino Grifone e Giulia Roccioletti, fu elettricista di ideali socialisti, militante della banda “Palombaro” assieme ai tre fratelli maschi. Alfredo Grifone (Chieti 1920), fratello di Aldo, di professione operaio elettromeccanico, combatté nella Resistenza col soprannome “Mario”. Vittorio Mannelli (Chieti 1920), figlio di Tito Mannelli e Giovina Sciocchetti, soprannominato “Musulin” poiché era il capo indiscusso dei giovani antifascisti del quartiere, fu probabilmente un pugile. Aldo Sebastiani (Chieti 1926), figlio di Attilio Sebastiani e Iolanda Miscia, era un apprendista meccanico.
A Pescara, nel luogo in strada Colle Pineta dove vennero ammazzati i nove partigiani, alla fine del 1944 venne eretto, per volere dei parenti delle vittime dell’eccidio, un cippo commemorativo, oggi inglobato all’interno del cortile della scuola primaria intitolata “11 aprile 1944”. Il monumento in pietra e marmo grigi, dalle linee sobrie e austere, è costituito da una scarna cappelletta priva di decorazioni; sul basamento si leggono, a sinistra, i nomi dei giovani martiri, a destra l’iscrizione a lettere capitali “TRUCIDATI DAI / TEDESCHI S’IMMOLARONO / PER LA LIBERTÀ D’ITALIA / L’11 FEBBRAIO 1944 / I FAMIGLIARI / A RICORDO POSERO”. In epoca recente, è stata aggiunta una lastra in plexiglas con serigrafati i nomi delle nove vittime della barbarie nazista.
Il 25 aprile 1997 a Chieti, sulla facciata principale del polo tecnico della Provincia di Chieti, in via Discesa delle Carceri 1, è stata appesa una lapide rettangolare in marmo bianco a memoria dei martiri della strage di Colle Pineta: in questo edificio, infatti, vennero imprigionati e processati i giovani partigiani.
Stefano Balbiani
Localizzazione
Indirizzo: strada Colle Pineta, 18
Comune: Pescara
Provincia: Pescara (PE)
Regione: Abruzzo
Coordinate geografiche: Latitudine 42.44970 – Longitudine 14.22788
FONTI
Sitografia
Giovanni Carlucci (Chieti), Cippo ai nove partigiani caduti a Colle Pineta – Pescara, scheda pubblicata sul sito www.pietredellamemoria.it consultato il 30/3/2025
N. Palombaro, Colle Pineta Pescara 11-2-1944, scheda pubblicata sul sito www.straginazifasciste.it consultato il 30/3/2025
F. Paziente, I Martiri partigiani di Colle Pineta, scheda pubblicata sul sito www.brigatamaiellasvp.it consultato il 30/3/2025
ALTRE INFORMAZIONI
Data evento: 11/2/1944
Cognome / Nome: non determinabile, a causa delle molte persone coinvolte
Formazioni d’appartenenza: banda “Palombaro”
Data opera: 1944
Autore: non conosciuto
Note: cippo visibile e non liberamente accessibile. Orari contingentati in base alle aperture della scuola
contatti
CIPPO COMMEMORATIVO A MEMORIA DELL’ECCIDIO DI COLLE PINETA A PESCARA
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