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CASA DI LYDIA GALLI A COMO

© Giuseppe Maresca, fotografo – Questa immagine è protetta da copyright

Lydia Galli nacque a Como il 29 luglio 1902. Il padre Santino era musicista e compositore, insegnava organo e pianoforte. Lydia imparò in fretta i segni dell’alfabeto musicale, le note e gli accenti, l’infanzia accordata sui tasti neri e bianchi dove trovò le sue armonie. Trascorso il periodo del Ginnasio iniziò a frequentare il Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano, diplomandosi velocemente in pianoforte, poi in violino. Terminati gli studi, ancora diciottenne, sposò Vito Signorino, e l’anno successivo ebbero la figlia Nery.
Il debutto come moglie e madre coincise con i primi ingaggi musicali che la portarono subito a esibirsi nelle più importanti istituzioni musicali del Paese, la Regia accademia filarmonica di Bologna, la Società dei concerti di Padova, e poi Bergamo, Lucca, Venezia, e Roma. Ebbe eco la sua concertistica, tanto da allargare le tappe dei tour a date estere. Decise però che tutto questo non bastava. A Como nel 1930, fondò insieme a Franz Terraneo e l’amica Alda Vio l’Accademia musicale “M. E. Bossi”, restituendo un po’ del suo talento ai giovani artisti della sua città.
Con la dichiarazione di guerra del 1940 Lydia si vide costretta a interrompere la carriera di concertista, continuando comunque a insegnare nella scuola di musica. Sia lei che Vito non avevano mai preso la tessera del fascio. Avevano sempre espresso in famiglia – lo ha ricordato la figlia Nery – una forte insofferenza alle imposizioni del regime.
Il marito di Lydia si trovava a Padova quando fu proclamato l’armistizio, l’8 settembre 1943. Come tutti i militari italiani anche il capitano Vito Signorino si trovò davanti alla scelta tra servire la Repubblica di Salò o disertare. Prese la strada della clandestinità, ma durò molto poco. Fu arrestato e deportato in Germania, in un campo di concentramento da cui non fece ritorno. Nei giorni in cui apprese la notizia della cattura di Vito, Lydia vedeva Como in mano alle forze di occupazione tedesche, entrate in città il 12 settembre, e poco dopo la propria casa requisita. L’abitazione era piuttosto spaziosa, e degli otto locali a disposizione i tre militari nazisti scelsero le stanze più appartate, in una camera trovò alloggio anche una coppia, un uomo e una donna, ferventi fascisti.

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La costante apprensione per la sorte del marito, la tensione di una convivenza subita, l’impotenza del non poter scacciare l’occupante armato mettendo a repentaglio la vita della figlia Nery, unico legame d’amore in quelle mura, non piegarono lo spirito libero della musicista. In quella situazione di solitudine e oppressione Lydia trovò il modo di opporsi, di fare quello che sapeva stava accadendo in altre case della sua città. Non era sola, aveva come amica Ginevra Bedetti Masciadri, organizzatrice e punto di riferimento degli espatri di oppositori e nemici giurati del nazifascismo. Trovò il modo creando la sua Resistenza civile sotto lo stesso tetto dei propri aguzzini. Un grande armadio che stava nella camera da letto di Lydia, e questo gli occupanti non lo avrebbero mai scoperto, nascondeva l’apertura di un passaggio che portava direttamente alla cucina. Quel passaggio fu utilizzato da tutti coloro che Lydia Galli avrebbe aiutato nei venti mesi della Resistenza: ebrei, soldati renitenti, informatori alleati, prigionieri politici, fino a che la sodale Masciadri non avesse fornito i documenti o trovato il contatto utile per passare il confine svizzero o per l’avviamento alla formazione partigiana.
Per lungo tempo Lydia e la figlia Nery vissero in uno spazio famigliare violentato, dove contare tempi e spostamenti, dove fingere, giocare doppi ruoli, dire solo lo stretto indispensabile, per non far trapelare il minimo sospetto. Ci riuscirono perché aiutavano tutte le persone che si rivolgevano a loro, perché salvarono molte vite.
Lydia fu coinvolta direttamente nelle attività del Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) di Como, avendo tra i principali referenti il comandante delle formazioni di Giustizia e Libertà Silvio Baridon, nuovo elemento della Chiesa valdese di Como e assistente del pastore Carlo Lupo. Con la complicità dei colleghi musicisti Franz Terreno e Alda Vio, Lydia Galli predispose all’interno di una sala dell’Accademia musicale un nascondiglio per le armi destinate alle bande partigiane dislocate nelle valli lariane. Anche in questo caso il rischio corso era altissimo, lo stesso locale infatti era frequentato tutte le mattine da un gruppo di canto formato da militari tedeschi, parte del comando SS alloggiato nello stesso edificio dell’Accademia. Ma le vittorie alleate si fecero via via più consistenti, decretando una ritirata, pur feroce, dei nazifascisti, che si tradusse in una progressiva riappropriazione degli spazi di vita, pubblica e intima.
Lydia Galli e Nery Signorino si trovarono a un certo punto, poco prima della Liberazione di Como, le uniche inquiline della loro casa. Lì, al civico 2 di Piazza Mazzini, aprirono le porte alle concitate riunioni del CLN comasco in vista dell’imminente insurrezione della città.

Silvia Maresca

Localizzazione

Località: Como
Indirizzo: Piazza Giuseppe Mazzini, 2
Comune: Como
Provincia: Como (CO)
Regione: Lombardia
Coordinate geografiche: Latitudine 45.81097 – Longitudine 9.07997

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FONTI

Bibliografia
R. Cairoli, Nessuno mi ha fermata. Antifascismo e Resistenza nell’esperienza delle donne del Comasco, 1922-1945, Como, NodoLibri, 2005

 

 

 

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ALTRE INFORMAZIONI

Data evento: Resistenza

Cognome Nome: Galli Lydia

Formazioni d’appartenenza: autonoma, collaborò con il Comitato di Liberazione Nazionale di Como, il Partito d’Azione e le brigate partigiane Giustizia e Libertà

Data opera: non determinabile

Autore: non conosciuto

Note: si tratta di un edificio privato, non accessibile. Ad oggi non si segnala alcuna targa commemorativa

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